Ho pensato a lungo se scrivere qualcosa e se quel qualcosa era davvero necessario in mezzo al fiume di parole che si sta sprecando sotto i nostri occhi. I pensieri si accavallano e più il tempo passa più trovo difficoltà a scrivere qualcosa, la stessa parola guerra, ora che ha un contorno più nitido, pesa come un macigno.
Il conflitto che si è innescato è vero che ha radici lontane ma ci pone in modo ancora più netto la necessità e l’urgenza di far entrare nel dibattito e in ogni ambiente che frequentiamo il discorso antimilitarista.
La solidarietà è un’arma imprescindibile e stare vicino alle comunità ucraine è il primo passo per esprimerla ma da sola rimane vuota retorica. Le donne e gli uomini che vivono con salari da fame e che hanno sopportato il peso di una pandemia con i cosiddetti “lavori essenziali” ora vivono ore drammatiche cercando di mettersi in comunicazione con parenti amici, in balia degli eventi e delle più becere tifoserie.
Chiunque vinca, chiunque sia stato il primo, chiunque si arroga il diritto di dirsi dalla parte della ragione non ci interessa. Restano solo le vittime, restano i rifugiati, restano già le macerie. Resta la consapevolezza che questa è una guerra che prende tanti interessi, compresi i nostri.
Ogni discorso imperialista, ogni nazionalismo da qualunque parti arrivi, ogni discorso che avvalla la guerra deve essere rifiutato. Ma non basta.
Non basta semplicemente dirsi contro la guerra e voltarsi dall’altra parte, non basta postare una foto quando questa è entrata prepotentemente nelle nostre case. Non basta nominare la guerra quando questa si mostra nella sua evidenza. Bisogna riconoscerla sempre. Riconoscerla nelle operazioni nelle nostre strade per “renderle sicure” o nelle scuole quando generali e militari parlano a student* negli incontri celebrativi.
Nelle missioni che vengono camuffate con nomi più accettabili, guerre per portare la pace, guerre per ristabilire sì un ordine, ma quello funzionale al capitale del più forte. Le guerre sono sopraffazione e morte, sempre. Sono il dolore di chi perde tutto compresa la vita.
Sarà necessario che il discorso antimilitarista con tutto il suo portato dirompente e di rottura con il presente entri sempre di più nelle lotte e negli spazi. Che se ne parli non come una brutta parentesi nel percorso di ognun* di noi e che sia una pratica sempre più diffusa. Ogni militare qui e nel mondo rappresenta un ordine che non possiamo più accettare.
Contro ogni guerra. Contro ogni esercito.

Qui i consigli per seguire in modo responsabile la crisi Russia-Ucraina